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Rinforzo argini sul Piave



Il Piave, una forza naturale e selvaggia
che potrebbe ribellarsi


Bastano 2 giorni di copiosa neve nell’arco dolomitico e successive forti piogge per trovarsi nella situazione alluvionale del 4 novembre 1966.

In riferimento all'articolo uscito domenica 20 febbraio 2011 ne “la Tribuna di Treviso”, dal titolo "Rocce sul Piave per rinforzare gli argini", intendiamo esprimere un ringraziamento al Genio Civile di Treviso e al Consorzio Crif, per l'intervento di manutenzione che stanno compiendo, lavori più volte da noi stessi sollecitati. Entrambi erano presenti al convegno da noi promosso nella Sala Consiliare del Comune a Susegana il 24 maggio 2010, durante il quale sono infatti intervenuti i dirigenti del Genio Civile e il Presidente del Crif Amedeo Zanardo e a Saletto, presso la Palestra Comunale il 30 settembre 2010, con la presenza e gli interventi dei dirigenti del Genio Civile e del re della ghiaia sig. Remo Mosole. Incontri durante i quali, tutti, in linea di massima, concordavano con le nostre proposte, sebbene al momento queste volontà d’intervento siano rimaste, eccetto per il caso sopra citato, su un piano puramente teorico. Riteniamo infatti che questo lavoro di manutenzione sia solo una millesima parte di quello che andrebbe fatto per rendere sicuro il corso torrentizio del Piave, come la recente brentana dei mesi scorsi dovrebbe insegnare (più di circa 1.000 mq/sec.  contro i 5.500 mq/sec. del 4 novembre 1966). Altro che operazione chirurgica! Questo piccolo atto si può paragonare ad una graffiatura, che non è sufficiente a salvaguardare i rivieraschi da un’eventuale esondazione del Piave.
Servirebbe, piuttosto, una rettifica a norma di legge come dichiara il prof. Luigi D’Alpaos in un’intervista rilasciata il 13 novembre 2010 al giornalista de “la Tribuna” Renzo Mazzaro. Ed è ciò che sosteniamo anche noi, come si può apprendere dalle varie pubblicazioni sul fiume Piave che abbiamo realizzato, tra le quali “Considerazioni sulle piene del Piave - 1995” dell’ing. Alfredo Dal Secco, un libro storico, tecnico e di denuncia che abbiamo distribuito a tutte le biblioteche del territorio rivierasco delle tre Province.
Come sostengono alcuni studi di Ingegneria Idraulica dell'Università di Padova, sarebbe necessario che su tutto il letto del fiume Piave - e non a macchia di leopardo - fosse asportato il materiale in eccesso, dal Cadore alla foce. Bisognerebbe altresì pulire gli affluenti, a cominciare da quello maggiore, il Cordevole, che nasce ad Arabba. Il materiale da asportare (alcune decine di milioni di mq) è composto da ceppaie, piante, terra, rifiuti, sabbie, ghiaie ecc. ed impedisce il normale deflusso dell'acqua. Oltre alla pulizia del Piave, delle dighe e dei vari affluenti, andrebbero rinforzate le arginature e realizzati serbatoi di laminazione contro le eventuali piene storiche trentennali/cinquantennali di 5.500 mq/sec. Sono questi tutti lavori che, in gran parte, si autofinanziano con la vendita delle ricche ghiaie, salvaguardando in parte il territorio trevigiano, già compromesso da immense cave e discariche.
Insomma, non aspettiamo un'altra piena che potrebbe essere distruttiva! Metterebbe in ginocchio tanti paesi per tantissimi anni, soprattutto da Susegana al mare, da Nervesa al mare, e alcuni di questi sarebbero invasi da alcuni metri di acqua e fango e materiali inquinanti vari, senza contare che le nostre case, i territori, le strutture pubbliche, le attività produttive sarebbero danneggiati e la nostra economia messa in ginocchio.
Per quanto sembri assurdo, dovremmo augurarci che ci fossero le brentane ogni anno, per far sì che le autorità intervengano in tempi brevi. Inevitabile è pensare che nel periodo della Serenissima Repubblica i governanti e gli ingegneri veneti (sensati) mettevano al primo posto la manutenzione del territorio e dei corsi d’acqua.
Un nostro motto preso a prestito da Leonardo Da Vinci è: “Se hai da trattare delle acque o dei fluidi, consulta prima l’esperienza poi la ragione”.

Comitato Imprenditori Veneti “Piave 2000”
Museo del Piave “Vincenzo Colognese”






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