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Catapulta a Collalto

             
           
                                            

 

Una copia di Catapulta a Collalto

 

Il Museo del Piave “Vincenzo Colognese” e il Comitato Imprenditori Veneti “Piave 2000” si fanno parte attiva per realizzare una copia di catapulta (famosa macchina da assedio) coinvolgendo maestri d'ascia, per l'intaglio dei tronchi, maestri del ferro battuto e maestri del cuoio.

Saranno realizzati da maestri scultori anche “i proiettili” in pietra levigata o macigni, simili a quelli ritrovati ai piedi delle mura dei Castelli in Comune di Susegana e Conegliano.

 

La catapulta era una macchina da assedio usata per scagliare grosse pietre (anche di un quintale), proiettili o sostanze infiammabili, con molta violenza. Venivano anche lanciate carcasse infette di animali, per provocare epidemie.

Era costituita da un braccio di legno che terminava con un secchio contenente il proiettile. L’ altra estremità era inserita in corde torte che fornivano al braccio la forza propulsiva. Per far agire la macchina, si abbassava il braccio orizzontalmente, piazzando il proiettile nella cucchiara e poi lo si liberava per mezzo dello scatto.

Le catapulte venivano solitamente assemblate sul luogo dell'assedio, e gli eserciti portavano con loro pochi o nessun pezzo di tale macchina, in quanto il legno era solitamente disponibile sul posto.

I tipi di catapulta in uso nel Medioevo, insieme alla petriera, che non è altro che l'antica balista romana modificata, sono il trabucco e il mangano, entrambi medievali, che usano la gravità: nel caso del trabucco grazie a un pesantissimo contrappeso e la trazione umana, tramite corde tirate da decine o centinaia di uomini contemporaneamente, nel caso del mangano. I proiettili, a seconda del peso del contrappeso e del numero degli addetti alle corde, andava da poche decine di chili fino a ben oltre la tonnellata (il record è di quasi 1500 chili nel caso dei proiettili lanciati dai trabucchi veneziani nell'assedio di Zara). Nel caso del trabucco, il contrappeso in caduta spinge verso il basso un'estremità del braccio, mentre il proiettile viene scagliato da una lunga fionda collegata all'altra estremità, essenzialmente come una fionda collegata ad una gigantesca altalena. La gittata di queste macchine (a seconda del peso del proiettile) era di circa 300-400 metri per la balista romana, 200-600 metri nel caso dell'onagro, 100 - 300 metri per la petriera medievale, e 100 - 200 per il mangano e trabucco.

 

Le prime catapulte appaiono nel mondo greco verso la fine dell'epoca classica; tra i primi ad adottarle furono Dionisio di Siracusa e Onomarco di Foci. Lo stesso Dionisio di Siracusa introdusse l'idea di usarle come copertura sul campo di battaglia oltre che come strumento di assedio: le usò per attaccare la flotta Cartaginese che soccorreva la alleata città di Mozia che egli stava assediando (Diod. XIV,50,4).

 

Le catapulte possono essere classificate secondo il concetto fisico usato per immagazzinare e rilasciare l'energia necessaria alla propulsione del proiettile.

 

Le prime catapulte erano tensionali, sviluppate dalla balestra: una parte sotto tensione propelle il braccio che scaglia il proiettile, in maniera molto simile ad una balestra gigante.

Successivamente vennero sviluppate le catapulte torsionali, che sfruttavano l'elasticità di torsione prodotta da fasci di fibre elastiche. A questo fine erano usati tendini, crini e anche capelli.

 

Fra le macchine o sistemi di assedio, oltre alle catapulte, c’erano: il trabuccot, il mangano, la balista, l’ariete, la torre d’assedio e le mine (le mine del medioevo non c’entrano nulla con gli ordigni esplosivi che si usano oggigiorno. Non erano una vera e propria arma d’assedio, ma una tecnica usata persino dai romani. Si tratta di scavare una galleria fin sotto alle mura. Una volta fatto ciò, si da fuoco ai puntelli provocando il crollo della galleria. In questo modo il terreno sotto le mura cede sotto il loro peso e spesso torri intere crollano sotto l’effetto delle mine).


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